Di Egidio Morici – Terremoto in Libera (Associazioni Nomi e Numeri contro le Mafie).
Il “gruppo dirigente” è stato sciolto più di un mese fa, ad opera del coordinatore regionale Umberto Di Maggio, in seguito ad una riunione avuta con il coordinatore provinciale Salvatore Inguì, il responsabile settore Beni Confiscati Davide Pati e il coordinatore di Libera Terra, Gianluca Faraone.
Con una breve mail Umberto di Maggio, oltre a comunicare lo scioglimento, ha diffidato gli attuali componenti a parlare a nome del presidio di Castelvetrano.
Un azzeramento repentino e inspiegabile, che ha lasciato senza parole.
Le richieste di confronto da parte del gruppo di Castelvetrano, ad oggi sono state disattese. Questo silenzio ha portato alle dimissioni di una decina di iscritti e ad una lettera inviata a don Luigi Ciotti da parte di una ventina di persone, tra cui don Baldassare Meli e Nicola Clemenza di Libero Futuro.
Maria Teresa Nardozza Buccino, referente del locale presidio “Giuseppe e Salvatore Asta” non ha voluto rilasciare al momento alcuna dichiarazione. Ma il malumore è più che palpabile e dalla sua pagina Facebook, da domenica scorsa, si legge: “Un’altra conferma e un altro tassello di una pagina buia della ‘Legalità’ trapanese. Il silenzio è oro!!”
Più esplicita Maria Antonietta Garofalo, che lo stesso giorno scrive su Facebook: “Il problema non è la riorganizzazione del Presidio di Libera a Castelvetrano e la ridistribuzione delle responsabilità. Ben venga piuttosto. Il problema è lo scioglimento d’imperio del suo gruppo dirigente e l’imposizione del silenzio poiché non più rappresentativi del Presidio di Libera. Questa modalità è repellente perché non tiene conto che personalmente nessuno mi può dire tu devi parlare o non devi parlare. Infatti io parlo.”
Una riorganizzazione che arriva in un momento delicato, in cui dovrebbe essere costituita la cooperativa per la gestione dei terreni confiscati alla mafia. Una cooperativa dedicata a Rita Atria, che però tarda a costituirsi. Già a gennaio dell’anno scorso, nella conferenza stampa relativa al bando pubblico, il sindaco Errante aveva affermato: “Una selezione pubblica di cittadini che possano poi concretamente andare a gestire e a lavorare su fondi confiscati alla mafia, per me è motivo di orgoglio”. Umberto di Maggio, seduto al suo fianco, sembrava avere le idee chiare: “Questa è una cooperativa che appartiene a tutti. E se non appartiene a tutti, non è una cooperativa su Libera Terra”.
Si tratterebbe di un’ottantina di ettari, tra Partanna, Paceco, alcune zone del Parco Archeologico di Selinunte e i terreni di Contrada Canalotto e Seggio Torre.
Terreni in passato gestiti dalla cooperativa Terre Rosse e poi abbandonati.
Sarebbero più di 200 i soggetti interessati alla formazione della nuova cooperativa, che dovrebbe essere composta da un paio di agronomi e qualche operaio specializzato.
Le domande sono più d’una. Perché il gruppo dirigente è stato azzerato? Perché, come ha sottolineato la Garofalo, lo si è fatto d’imperio, imponendo il silenzio? E soprattutto perché nessuna risposta alle continue richieste scritte di chiarimento e agli inviti ad incontrarsi?
Se si vuole davvero che i beni confiscati alla mafia ritornino alla collettività, perché si vuole fare a meno di chi, nel presidio locale, conosce bene il territorio?
Forse questo gruppo non sarebbe abbastanza aperto ad altre realtà ed associazioni? E se si trattasse solo di prudenza? Di funzionale diffidenza in un territorio così difficile come questo?
Non sarebbe bene che chi di competenza, desse delle spiegazioni all’opinione pubblica?
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